Raglio
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con tre passi avanti e uno indietro si procede comunque
platero il 08-Apr-2014 in Trekking
E ieri abbiamo ripreso il cammino. L'amico, Pepito ed io. I tre di un anno fa. Sulle nostre impronte abbiamo ripercorso la stessa strada, tranne due brevi varianti per smarrimento del sentiero. Prima di raggiungere il prato che precede il ponte ci siamo promessi che non solo non avremmo esitato, non avremmo parlato, ma addirittura ci siamo vietati il solo pensiero del ponte... Vocabolo bandito dal nostro vocabolario e immagine censurata dalla nostra mente. Pepito non doveva percepire nulla. Così arriviamo disinvolti, l'amico davanti, poi io con Pepito. Ad un metro dal ponte lui si blocca. Non c'è verso di convincerlo. Il film dell'altra volta, tale e quale. Sinceramente eravamo quasi sicuri che questa volta sarebbe passato senza neppure fermarsi. Dopo aver camminato quest’Estate avanti e indietro su ponti di ferro, di legno e di pietra, su passerelle traballanti, su impalcati a fessure sotto quali si percepiva il vuoto, su ponti lunghi e su ponti stretti, questo piatto ponte in pietra che quasi non sembra neppure un ponte, non avrebbe proprio dovuto preoccuparlo. Invece no. Pepito guarda l'imbocco del ponte, o forse la salita che lo segue, o forse il versante ripido, o il ruscello rumoroso sotto, o chissà cosa. Ma si ferma. Anche questa volta.
L’amico è sorpreso quanto me. E quasi un tantino a disagio, a dover essere spettatore della mia nuova, ripetuta sconfitta. Si, in un certo modo è una sconfitta perché non riesco a trasmettere a Pepito quella fiducia che sarebbe necessaria per fargli superare la paura. Ma, ancor più triste è constatare che non son riuscita a creare un legame che lo spinga a voler proseguire il cammino con me. Per fare qualcosa un asino deve essere motivato…
Bene, se allora mi devo sentire sconfitta, almeno che ciò avvenga a pancia piena. Ma caro il mio Pepito, no, questa volta proprio non ti lascio libero in questo bellissimo prato a mangiare anche tu. No, ti lego ad un albero e te ne stai lì, ad aspettare. Annodo uno spago attorno ad un albero e lego la longhina allo spago. Non gli dico niente. Tolgo dal suo zaino i nostri sacchetti. Mi siedo su sasso, a qualche metro da lui, e l’amico ancora più in là, su un tronco. Lui ci guarda. Dopo un panino, l’amico si allontana in direzione opposta, io vado al ponte, che è seguito da un altro ponte simile, appena più corto e con imbocco in curva, anziché frontale e, come già fatto dieci minuti prima, li oltrepasso e salgo un pezzetto. Pepito, solo, raglia. Passano 5 minuti, entrambi torniamo, rimetto il mio sacchetto ancora quasi pieno nello zaino d’asino e poi, con l’amico, ce ne andiamo, oltre il ponte, dieci passi e siam nascosti là.
Pepito è legato all’albero e ci vede andare. Raglia una volta e fissa il punto ove siamo spariti. Ma, a differenza dell’anno scorso, questa volta non è libero nel prato. L’anno scorso ragliava, correva lungo le rive del torrentello, si disperava, ma non attraversava il ponte per raggiungerci. Tra un gesto di disperazione e l’altro, non disdegnava qualche boccata d’erba. Era libero di attraversare e venire da noi. Ma non riusciva a farlo. L’anno scorso la lotta era tra sé e la sua paura. Quest’anno è legato. Ci vede andare. Desidera stare con noi. Si, ha paura del ponte, ma mentre si agita, il suo avversario non è il ponte, ma la corda che lo tiene legato all’albero. Il nemico cambia. Il suo sforzo cambia obiettivo: liberarsi, per raggiungerci. Decido di tornare per modificare il nodo al cordino e far sì che dopo qualche strattone si possa sciogliere facilmente. L’idea è di fare ciò e poi tornare di là dal ponte e aspettare che Pepito, liberatosi dopo un po’ di strepiti, arrivi al galoppo da noi. Ma quando son lì all’albero d’istinto slego il cordino, prendo la longhina e mi avvio, senza una parola, con lui che mi segue quasi attaccato. Percorro il prato e arrivo al ponte, sono in apnea. Non cambio andatura, proseguo, orecchie tese al rumore degli zoccoli. Il braccio che aspetta lo strattone. Il rumore continua, stesso ritmo, il braccio non viene strattonato. Siamo di là. Non parlo. Dieci metri dopo ecco l’altro ponte, cinque passi, e siamo oltre. Respiro. Abbraccio Pepito. Sorrido all’amico. Pepito affronta il ripido sentiero al piccolo trotto, devo trattenerlo. Anche lui si sente leggero, ora che ha lasciato alle spalle la paura e scelto di venire con noi.

Commenti

In questo momento ci sono 14 commenti
Inserito da icaro il 09-Apr-2014 alle 07:04:51

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letto tutto in un fiato...bellissimo !!!!!!!!
Inserito da Bicmak il 09-Apr-2014 alle 08:04:57

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Platero, come sempre...
Un piccolo ponte di pietra, un'asino...
Tanto ti basta per tenerci attaccati a leggere e per suscitare tante emozioni.

Perché non ci dici i titoli dei libri che hai scritto, così andiamo a rileggerli, e a comprare quelli che ci mancano?
Inserito da Mora il 09-Apr-2014 alle 09:04:06

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bene, avanti così!
Inserito da Ilas il 09-Apr-2014 alle 10:04:20

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Queste sì che sono soddisfazioni!
bravi
Inserito da francescosid il 09-Apr-2014 alle 13:04:41

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....letto d'un fiato in attesa del lieto fine, anche la suspence,...poetessa che dire, si un'altra cosa complimenti per la pazienza durata un anno.
Inserito da bruno il 09-Apr-2014 alle 14:04:44

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Grande Platero,...come sempre!!!
Inserito da foxtrot il 09-Apr-2014 alle 15:04:33

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Ben fatto,una grande conquista per tutti voi e complimenti per come riesci sempre a descrivere il tuo vissuto, mi emozioni, ero lì con voi col fiato sopseso, tormentata dall'esito finale,bravi!
Inserito da Demi il 09-Apr-2014 alle 21:04:17

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Un racconto fantastico e narrato con leggerezza. Sei veramente brava, specialmente con Pepito. Riesco quasi a percepire l'intensità del tuo rapporto con lui. E poi che soddisfazione!
Inserito da saverin81 il 10-Apr-2014 alle 11:04:15

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Che emozione. Anch'io avevo un groppo allo stomaco, ma come ogni bambino che si rispetti non avevo dubbi sul lieto fine ... =)
Inserito da lakai il 10-Apr-2014 alle 21:04:45

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se il ponte è lo stesso in cui s'è puntato la volta scorsa, dev'esserci certo qualcosa che lo disturba. ma hai trovato la soluzione. ciao
Inserito da platero il 13-Apr-2014 alle 08:04:49

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Grazie per i complimenti, li ho già riferiti a Pepito, tenendone una parte per me! :-)
Ma anche voi pensate che mentre era legato la sua mente fosse concentrata sul liberarsi, sulla corda e pertanto distolta dal pensare al ponte?
o , piuttosto, la paura di rimanere lì solo, legato,è stata maggiore della paura del ponte e gli ha fatto decidere di venire con noi?
o, magari, lui non aveva paura del ponte, ma non voleva semplicemente venire?
Scusate se dopo aver già scritto mezzo romanzo, ora insisto nel chiedere, ma... più esperieze e più sensibilità possono aiutare a capire come ragionano questi asini.
Inserito da Ilas il 13-Apr-2014 alle 12:04:41

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"Certo che volevo venire, mi piace stare con te e passeggiare insieme in tutti quei posti fantastici dove mi porti! Ma in fin dei conti anche io ho una reputazione da difendere.
E semplicemente, non te la volevo dare vinta!"
Questa è la Toffee che ti risponde ma sicuramente Pepito non sarà discolo come lei!
Inserito da francescosid il 13-Apr-2014 alle 12:04:32

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Penso che un motivo per non attraversare quel ponte ci fosse , magari solo un rumore particolare chissà , ma non abbastanza forte che è stato vinto dalla paura di rimanere legato.
Inserito da heidiepeter il 13-Apr-2014 alle 22:04:01

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Posso solo ripetere e aggiungermi a quello che hanno scritto gli altri...stesse parole :)

In quanto al ragionamento di Pepito pensavo che forse si è ricordato che l'altra volta che siete stati li c'era qualcosa che non gli quadrava con quel ponte - ma poi non voleva correre il rischio che voi continuate mollandolo là ...e si sarà detto:
Va beh al diavolo tanto brutto non puo essere se ci va lei, non faccio una piega e seguo
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