In Etiopia nasce la “biblioteca ambulante dei somari”
La “Donkey Mobile Library”, piccola biblioteca itinerante trainata da asini, trasporta favole e testi didattici nelle zone più emarginate e povere del Paese. Per insegnare ai bambini la magia e l’importanza della lettura
L’appuntamento è alla prime ore del pomeriggio sotto un albero d’acacia, l’unico fazzoletto d’ombra in una piazza polverosa e assolata. I bambini sono già lì che aspettano da molto tempo, impazienti e chiassosi, quando compare in fondo alla strada l’inconfondibile carretto dipinto di giallo e blu.
Alla sua vista l’entusiasmo della piccola folla diventa incontenibile. «Eccolo, Eccolo!», gridano i ragazzini che attendevano da giorni questo momento, e che ora corrono verso l’ospite tanto desiderato. In un attimo circondano due asini dall’aria annoiata che trainano una strana casetta di legno, troppo piccola per essere abitata e troppo grande per assomigliare ad un gioco. È la Donkey Mobile Library, una biblioteca ambulante, realizzata per i bambini di questa povera e bella regione dell’Etiopia.
Siamo nei pressi della città di Awasa, 260 chilometri a sud della capitale Addis Abeba, terra di confine tra i popoli oromo e sidamo, una zona di laghi e colline punteggiate da piantagioni di caffè e jacarande perennemente fiorite.
L’età media della popolazione locale è di 17 anni, ma il tasso di analfabetismo sfiora il 65%, una percentuale che cresce fino al 75% tra le donne. Colpisce il basso livello di scolarizzazione. Appena un bambino su tre riesce a concludere gli studi elementari, gli altri finiscono nei campi ad aiutare i genitori. Una scelta quasi obbligata, viste le difficoltà economiche di molte famiglie, e l’assoluta inadeguatezza del sistema scolastico locale.
«La gran parte delle scuole cade a pezzi», ammette sconsolata Samia Kebirè, insegnante di matematica. «Nelle aule mancano libri e lavagne, gli studenti sono spesso costretti a dividere le sedie con altri compagni».
Non stupisce, in queste condizioni, che molti alunni abbandonino prematuramente le scuole primarie. «Purtroppo è un fenomeno in crescita: sempre più bambini sono spinti a rinunciare allo studio», dice Masresha Kibret, direttore della Ethio-American Friendship School, una scuola elementare locale gestita da personale etiope e sostenuta da una fondazione statunitense.
«Noi proviamo a convincere i giovani dell’importanza di riaprire i libri». Una sfida fronteggiata con pochi mezzi ma tanta volontà. E con un’idea semplice e geniale al tempo stesso: la biblioteca nomade.
«Cercavamo un modo nuovo e accattivante per avvicinarci a questi bambini fuggiti dalla scuola, non potevamo certo aspettarci che fossero loro a recarsi spontaneamente nelle aule a studiare», spiega il direttore.
«Dalla primavera scorsa abbiamo cominciato a far viaggiare libri colorati nei quartieri più poveri di Awasa e nei villaggi circostanti». Alcune biblioteche americane hanno finanziato l’acquisto dei volumi, così la Donkey Mobile Library si è riempita di volumi per bambini e ragazzi: quasi duemila testi illustrati e storielle scritte in inglese o nella lingua tradizionale, l’amarico, ma anche semplici eserciziari di grammatica o di matematica.
Una libreria aperta a tutti, che ha la peculiarità di spostarsi ogni giorno in zone diverse, grazie ad un carretto trainato da due somari-mascotte.
«Li abbiamo chiamati Helena e Harasban», spiega miss Ejar, la giovane animatrice della biblioteca. «In pochi mesi sono diventati molto popolari tra i bambini di Awasa». Due vere celebrità, viene da pensare mentre gli asini si fanno strada a fatica tra i bambini urlanti. «È sempre una grande festa quando arriviamo in un quartiere», assicura la ragazza. «Per i bimbi più poveri questo carretto è l’unica finestra colorata in un mondo grigio e senza sogni».
Seduti su piccole seggiole, i piccoli lettori sfogliano i libri in silenzio, soffermandosi con avidità su ogni pagina. Le labbra si muovono lentamente mentre cercano a fatica di mettere assieme le parole.
Miss Ejar aiuta i bimbi in difficoltà. E li invita a scegliere i libri che potranno prendere in prestito per qualche settimana. «Verranno custoditi con cura nelle povere case di fango e lamiere», chiarisce l’animatrice della biblioteca. «Ma torneranno, come al solito, consumati dalla lettura... Un buon segno».
C’è anche la Camel Library
La Donkey Mobile Library che opera in Etiopia è in buona compagnia: anche in Zimbabwe, nel distretto di Nkayi, gli asini sono utilizzati per far girare una biblioteca ambulante tra i villaggi più isolati e poveri della regione. Qui, addirittura, oltre ai libri vengono trasportati dei computer portatili, che funzionano grazie a pannelli solari montati sul dorso dei somari. Ma anche i cammelli aiutano a diffondere la cultura in Africa: nel nord del Kenya da due anni è attivo il Camel Library Service, una biblioteca itinerante pensata appositamente per le popolazioni nomadi che vivono in piena savana.
L’ospedale degli asini
Con una popolazione stimata in cinque milioni di esemplari, l’Etiopia può contare sulla seconda più grande comunità di asini al mondo (il primato spetta alla Cina che ospita sul suo territorio ben 12 milioni di somari). Dagli affollati viali della capitale al più piccolo e sperduto dei villaggi, l’asino è un elemento onnipresente nel paesaggio etiopico. Lo si vede arrancare sui sentieri sconnessi dell’altopiano, dove viene usato sia come animale da sella che da soma, ma anche nei campi di cereali durante l’aratura e il raccolto, e persino in piena savana dove l’infaticabile quadrupede ha l’ingrato compito di trasportare legname e botti piene d’acqua.
Ancor oggi, specie nelle campagne, l’asino rappresenta per le famiglie etiopi una ricchezza preziosa, da preservare con riguardo. Nella cittadina di Debre-Zeit, 41 chilometri ad est di Addis Abeba, esiste un vero e proprio ospedale riservato ai somari che necessitano di cure. Il Donkey Sanctuary (“Rifugio degli Asini”) offre trattamenti veterinari gratuiti a centinaia di esemplari ammalati ogni anno. Che qui possono guarire da fastidiose ferite e malattie infettive, o liberarsi dai parassiti. La struttura è gestita da un’organizzazione veterinaria britannica impegnata da anni nella cooperazione coi Paesi poveri (ha già fondato cliniche analoghe in India, Kenya e Messico). E che in Etiopia garantisce, coi suoi finanziamenti, anche un efficiente servizio di ambulanza per trasportare gli asini che necessitano di cure urgenti.
Peccato che la gran parte dei cittadini di questo Paese non possa contare su simili attenzioni.
Asino a chi?
Ingiustamente additato come un animale stupido e svogliato, l’asino è in realtà un infaticabile lavoratore. Appartenente alla famiglia degli Equidi (la stessa del cavallo e della zebra), denota una grande resistenza e può sobbarcarsi fatiche enormi.
Ha un carattere mansueto e difficile al tempo stesso (come dice il detto “l’asino si educa, il cavallo si addestra”) e può vivere anche 35 anni. Fin dall’antichità è stato usato dall’uomo sia come animale da tiro che da soma. Le numerose razze di asini domestici derivano da un unico progenitore, l’asino selvatico africano (Equus africanus: un animale grigio, con il ventre e le zampe bianche, e una criniera corta) che ancora oggi vive, ormai ridotto a poche centinaia di esemplari, nelle regioni aride che si estendono dal Sudan al Mar Rosso, specie nelle depressioni della Dancalia o nella valle di Nugaal in Somalia. Dove viene cacciato per la sua carne gustosa e nutriente. Triste fine per un animale che fu addomesticato quattromila anni prima di Cristo, nel basso Egitto, e il cui nome è menzionato ben 80 volte nella Bibbia.
Fonte : http://www.reportafrica.it
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