Se avessimo passeggiato per le strade di Roma non dico cento, ma anche solo ottanta anni fa, avremmo incontrato insieme alle poche automobili e alle abbastanza numerose biciclette, alcuni animali che aiutavano l'uomo nei suoi spostamenti e trasporti, il nobile cavallo, ed il più plebeo asino.
Ora i poveri asini sono scomparsi, eppure per millenni, almeno sin dal quinto millennio avanti Cristo in Egitto, sono stati tra i migliori e più fedeli amici dell'uomo.
Dove sono finiti?
Mio nonno che aveva fatto la prima Guerra Mondiale e da ragazzino aveva lavorato da fabbro ferraio, ricordava che erano i forti somari a portare sul basto il ferro pesante alla fucina su ad Alatri, in terra Ciociara.
E quando lui, diciassettenne ciociaro era stato arruolato e spedito chissà per quale perversa idea burocratica a fare il soldato sulle alpi, tra i valorosi alpini e poi tra gli arditi, aveva conosciuto molti asini che prestavano servizio con rispetto tra i compagni umani di sventura e morte.
A volte mi raccontava di Piero, quel povero ciuco che una mattina era scivolato giù dal sentiero mentre soldati e muli portavano alle trincee su in alto armi, munizioni e cannoni a dorso di bestia, e se ne stava decine di metri più sotto a piangere come un bambino con le gambe spezzate, e il sergente De Caro era sceso di persona giù per il dirupo per mettere fine alle sofferenze della bestia ferita, dopo un ultimo abbraccio.
O di Cecco Peppe il mulo che dalle trincee sulle vette portava giù più delicato di un infermiera i feriti intrasportabili altrimenti.
O di Boccia, l'onagro porta cannoni che aveva letteralmente combattuto al suo fianco una selvaggia battaglia corpo a corpo contro i tedeschi, nel 1917, e quando lui era stato ferito alla coscia dal pugnale di un tedesco che aveva però avuto la peggio, lo aveva trascinato giù al sicuro dietro le linee, incurante dell'aggiunta del suo peso al cannone che portava sul basto.
Lui mi diceva che quello che lo inquietava di più era la spaventosa somiglianza tra la faccia dell'asino e quella umana, la sua intelligenza, come se davvero molti asini fossero stati i ragazzi trasformati dal Paese dei Balocchi di Pinocchio.
Ma l'asino non è stato certo sempre il simbolo di ignoranza, la caricatura della sapienza professorale.
L'asino un tempo, mi ha ricordato un bellissimo libro che ho appena acquistato, è stato dio pagano e cavalcatura biblica di profeti, protegge Cristo e lo riscalda alla nascita, ne è cavalcatura e addirittura diviene il simbolo di Cristo.
Il libro è intitolato "il dio asino, il mistero di un'antica divinità" (Tiellemedia, Roma 2006) della studiosa del sacro Emanuela Chiavarelli.
Ve lo consiglio davvero.
Scritto con grande fluidità, è in realtà un pozzo di idee, informazioni, illuminazioni, richiami, cultura e conoscenza.
Un libro che si beve, nel vero senso della parola.
La Chiavarelli mi ricorda la genialità di Anita Seppilli, autrice a mio avviso del più grande libro italiano su mito e letteratura, "poesia e magia" (Einaudi, Torino, 1962-1971).
Con un excursus storico antropologico molto vasto, ci conduce per mano dall'antico Egitto del dio Seth, l'onagro rosso, ai demoni mesopotamici, alla Bibbia, alla simbologia cristiana più antica, sino al mondo medievale, alle carte da gioco e alle favole di Perrault, tra cui quella bellissima di Pelle d'asino che mi raccontavano da piccolo e di cui possedevo pure un 45 giri della Ricordi, se la memoria non mi inganna.
Ma è viaggio veloce e fluido, che qualunque lettore può intraprendere, e averne in cambio una tale selva di spunti e idee da approfondire per anni.
Per esempio una delle raffigurazioni più straordinarie dell'Asino come simbolo a Roma è conservata nell'Antiquarium del Palatino e si tratta di un rozzo graffito del III secolo d.C., forse anche testimonianza di una progressiva decadenza dell'arte del disegno nel tardo impero romano.
La cosa più interessante è che raffigura un Cristo crocifisso in forma di asino, con una scritta sottostante che recita ALEXAMENOS CEBETE THEON, ovvero Alessameno adora dio.
Gli studiosi non concordano sul fatto che si tratti di una caricatura del culto cristiano o meno, ma vi sono anche solide possibilità che l'asino potesse realmente raffigurare Cristo, a causa di un culto ebraico dell'asino confluito nel cristianesimo o ai versi del profeta Osea che alludeva al Cristo di cui profetizzava la futura venuta come un "asino selvaggio (onagro, simbolo come ho detto anche del dio solare Seth), che si aggira solitario".
In prossimi articoli cercherò di partire dall'asino per tracciare un breve bestiario romano, a partire da luoghi, raffigurazioni e simboli di animali nella nostra città.
Fonte : http://imagoromae.blogosfere.it |