Il mondo incantato di un uomo e dei suoi animali
di GIORGIO PISANO
Fosse un ragazzo, sarebbe sicuramente tronista. Però è un asino e questo complica la faccenda. Intendiamoci, asino regale, anzi imperatore: con tanto di pedigree, striature bruno scure perfettamente simmetriche, sorriso e dentatura ollivudiane e fuori misura. Zorro, per tutti quelli che lo conoscono semplicemente Ciccio, ha diciassette anni e pesa un quintale e mezzo. Vive, insieme ad Ambra e Stellina, nell'immenso giardino di una decrepita ed elegante casa padronale nel centro di Sinnai. Passa le giornate a scortecciare gli alberi (meno il carrubo, che non gli è gradito) e a curiosare sotto il portico della grande residenza abbandonata.
Ciccio è proprio un asino privilegiato: un sacco di compagne ultradisponibili e figli sparsi in mezza provincia. Sarebbe un esemplare perfetto ma ha un piccolo difettuccio, una pulsione sanguinaria: è un assassino, killer seriale e metodico di qualunque maschio s'azzardi a entrare nel branco. Non ammazza subito, preferisce aspettare che le femmine siano in calore. E allora colpisce, in via definitiva.
Per il momento ne ha fatto fuori tre e tutti con lo stesso sistema: un morso fatale sul collo. Impossibile tentare salvataggi: Ciccio non perdona, sa dove colpire. Dopo la furia, torna quello di sempre: docile intelligente affettuoso testardo.
Quando Cenzo, il suo padrone, ufficialmente allevatore d'asini, lo va a trovare - proprio com'è successo ieri mattina - inizia a ragliare prima ancora che il pesante cancello di metallo si apra. Poi, a passo veloce e denti in presentat'arm, corre a farsi accarezzare. Un morso, un calcio? «Con me non si permette».
Cenzo e Ciccio sono amici, se così si può dire. Non si sono mai fatto un torto. Anche se questa storia degli omicidi qualche preoccupazione inizia a darla. «Ma non c'è via d'uscita. Io non sono un collezionista d'asini, come tanti che hanno grandi allevamenti, però Ciccio non lo abbatto». Pazienza se mina seriamente l'incremento demografico. «A parte l'odio per i maschi, è buono. Quand'era piccolissimo, l'hanno regalato alle mie nipoti. E io le ho avvertite: niente carezze vicino alla bocca e mai passargli dietro».
Non ha disobbedito nemmeno una volta?
«Quando mai. Non ce l'ha coi cristiani».
Neanche un calcetto d'avvertimento?
«Di carattere è forte ma di cuore è buono».
Qual è la vita media un asino?
«Intorno a una ventina d'anni, credo. Ma Ciccio potrebbe anche andare oltre».
Perché?
«Perché è un animale in gamba».
Anche Cenzo, Cenzo Cocco, è un privilegiato. Cinquantotto anni a luglio, scapolo, il viso arato da una vita in campagna («sole pioggia caldo freddo: prendo quello che mi manda il cielo»), vive coi suoi quattro fratelli nella vecchia immensa abitazione dove sono cresciuti. Una famiglia intatta, unita, vicinissima giorno dopo giorno «come quando eravamo piccoli».
Cenzo, mai un viaggio, né in nave né in aereo: dice che l'idea di partire gli mette paura («timu»). L'ultima volta al cinema sarà stato una ventina di anni fa. Non ne sente la mancanza, tanto «vedo la televisione». Programmi preferiti? «Non ne ho. Guardo quello che guardano gli altri». Magrissimo, pesante camicia di lana sotto un giubbino senza maniche, ha occhi chiari, forse verdi. Sorride per educazione, per cortesia verso l'ospite. Di suo sembra non ne abbia voglia. Sulle prime, risponde alle domande in italiano, poi si rifugia sul terreno sicuro della lingua madre: il sardo. «Ho la quinta elementare e non rimpiango niente».
Quanto vale un asino sulla piazza?
«Non lo so perché io non ne vendo. E non li macello».
C'è differenza tra quelli da bistecca e gli altri?
«Certo. Ciccio, che però in realtà si chiama Zorro, è di pura razza sarda. Sono venuti a misurarlo, a controllare, a verificare che fosse giusto. Purissimo è».
Costa molto allevare asini?
«Quasi niente. Forse costa più un cane».
Meno delle pecore, vacche, maiali...
«Molto meno di pecore, che noi non abbiamo. Di vacche e di maiali, che abbiamo».
L'ha capito come son fatti?
«Credo. L'asino, a differenza di gente che vedo in televisione e non solo in televisione, è intelligente, cocciuto e molto pulito. Quando non vuol fare qualcosa, punta gli zoccoli e non c'è possibilità di fargli cambiare idea. Oppure l'acqua..»
L'acqua, cosa?
«Preferisce lasciarsi morire di sete piuttosto che bere in un recipiente sporco. Zorro, per dire, non toccherebbe mai acqua torbida».
In compenso fa strage di maschi.
«Tre li ha uccisi. Uno l'ha ferito malamente ché l'ho dovuto portare via dal giardino sennò me lo faceva a pezzi».
L'ha capito perché?
«Certo: è geloso. Vuole dominare. E non è che si sta tranquilli una volta passato il tempo della monta».
Perché?
«Perché gli asini continuano ad accoppiarsi anche quando la femmina è gravida. E a quel punto è proprio una questione di dominio».
Leggi della natura.
«Giusto. Come la gravidanza che, negli asini, dura dodici mesi più un giorno per ogni anno d'età della fattrice. Uguale uguale ai cavalli».
Perché dice che gli asini sono intelligenti?
«Riconoscono il rumore della macchina del padrone, sanno che devono obbedire, si mostrano organizzati e hanno rispetto di se stessi. Più di tanti che vedo passare nelle trasmissioni della tivù, che mi chiedo ma quello lo sa cosa sta dicendo?»
Cenzo parla in dosi omeopatiche nella fetta di casa che gli appartiene. Il camino è quasi spento e il gatto ci dorme dentro. Poca luce. Un tavolo, frigo gigantesco e tivù piazzata in alto come in certe trattorie. Cenzo si massaggia le mani color terra mentre cominciano le apparizioni: prima una sorella (Elena, portavoce di famiglia, anzi amministratore delegato), poi un'altra. Dopo un po', tazza di latte e biscotti in mano, arriva anche Roberta, la nipote, diciannove anni, matricola a Giurisprudenza. Un giornalista curioso dell'allevatore d'asini non è questione privata: riguarda tutti. Anche perché Cenzo, detto tra parentesi, non ha mai moltissima voglia di parlare.
Innanzitutto dunque, panoramica di gruppo: i Cocco vivono del bestiame, degli ulivi, di 17 ettari di vigneto. Il reddito complessivo è integrato da un cognato e un fratello che lavorano nel corpo Forestale. Uno di loro è precario da 25 anni. Morale: «Campiamo pari pari ma con serenità e qualche piccola soddisfazione». Roberta, per esempio, che ha l'età giusta nel momento sbagliato, non sogna di fare la velina in futuro. «Io e la tivù siamo amiche, molto amiche. Ma non mi faccio condizionare». Figuriamoci Cenzo.
Quando ha iniziato a fare il pastore?
«Da ragazzo. Mi è capitato molto spesso di dormirci, in ovile».
Paura?
«Non ho porto d'armi e non vorrei averlo. Non ho paura perché non ho fatto paura a nessuno. Bisogna comportarsi bene in campagna».
E come si fa?
«Basta non litigare, non dare fastidio agli altri, salutare se ti salutano. Se vai diritto sulla tua strada nessuno ti dà fastidio».
Beh, a voi hanno rubato animali.
«Sì, maiali, vitelli. E, una volta, un cavallo».
Avete indagato?
«Sì, senza fare troppo chiasso. Abbiamo visto la testa del nostro cavallo infilzata su un palo in un certo ovile. Quando siamo arrivati al responsabile, qualcuno ci ha detto che la carne era già stata lavorata e conservata in freezer».
E voi?
«Abbiamo avuto la certezza che il cavallo non ce l'avevano rubato per farci dispetto ma per necessità. Quindi tanto valeva far finta di nulla».
Per questo non ha il porto d'armi?
«Anche. Non serve, secondo me».
Quante ore lavora, Cenzo?
«Non le ho mai contate. Comincio la mattina presto e finisco quando finisco. Ferie? Mai. Ogni tanto, riposo».
Vizi?
«Le sigarette. Un pacchetto, un pacchetto e mezzo al giorno».
Cosa le ha portato via la campagna?
«Quello che ha portato via a tanti altri. A me non interessava emigrare, lasciare tutto e abbandonare la casa, la mia famiglia».
Non si è pentito?
«Pentito? No. È la mia vita, non la posso cambiare. Semmai, mi capita di sentire la stanchezza. Quando avevo trent'anni certi lavori non mi pesavano, oggi invece mi gravano addosso».
E non può farci niente?
«E cosa ci posso fare? Il destino è. Questo mi tocca fare. E faccio».
Amici?
«Conosco persone».
Politica?
«Non mi interessa, è roba di altri. Tengo per me quello che penso: che poi, agli altri, interessa? Io credo di no. Cenzo Cocco è un allevatore: non c'è nulla di importante o di interessante nella mia vita. Tale e quale a tanti che vivono come me».
Annoiato?
«Annoiato, no. Quello che devi fare, fai».
Esiste la solitudine del pastore?
«Io sono un allevatore. Chiamarmi pastore è sbagliato perché non abbiamo pecore, non perché mi vergogni a farmi chiamare in questo modo».
Tornasse indietro, tutto uguale?
«No, no. Tornassi bambino, rifarei le elementari ma subito dopo andrei a lavorare fuori».
Fuori, dove?
«Fuori dalla proprietà di casa, della famiglia. Potrei, per esempio, andare come mio fratello nei cantieri della Forestale. Mi piacerebbe, piacerebbe molto».
Perché?
«Avrei mille euro al mese, garantiti. Eppoi, che è la cosa più importante, in certi giorni potrei finalmente non fare nulla. Se mi chiedono qual è l'avvenire che preferisco, la risposta è quella: riposare. Lavorare stanca. Io sono stanco».
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Fonte : http://giornaleonline.unionesarda.ilsole24ore.com |