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Titolo : IO NON SONO TESTARDOOOOOO

Note :
Il mulo e la mula sono il prodotto dell'unione tra una cavalla e un asino. Entrambi animali cocciuti, testardi ed imprevedibili, su di loro esistono molti aneddoti e credenze, anche se la mula è considerata più mansueta e quieta del mulo.
In quasi tutti i dialetti, come del resto in italiano, si sprecano frasi del tipo Essar com'un mul(6) (Essere come un mulo) o Ustinè, testèrd com un moll(5) (Ostinato, testardo come un mulo), per indicare le persone ostinate, caparbie e cocciute.
Il mulo è ricordato anche per il brutto vizio di scalciare quanti gli stanno dietro. A Reggio si dice ad esempio che Al chèlza ch'al pèr un mól (Calcia che pare un mulo), riferendosi ancora alle persone testarde. A Piacenza ricordano che: Dadnans ai müi dadré di s-ciopp n'As gh'è mäi tropp (Davanti ai muli e dietro il fucile non ci si è mai troppi), cioè che in queste occasioni la prudenza non è mai eccessiva; mentre in Romagna, più semplicemente, davano questo ammonimento: Da i mul: tri pëss luntân da e' cul (Dai muli: tre passi lontano dal sedere).
Prendere un calcio da un mulo era un'esperienza che non si dimenticava tanto facilmente, tanto che nel Piacentino, per indicare chi si accompagnava a donne di facili costumi e si ammalava di sifilide, si diceva avesse preso l'scäls d'una müla (Il calcio della mula).
Essendo quest'animale frutto dell’amore tra animali di diverse specie, veniva dai più considerato un bastardo. Giocando su questa analogia, nella Bassa reggiana dicono N'in fèr né mól, né un bastèrd (Non farne né un mulo, né un bastardo), riferendosi a coloro che, senza preconcetti, trattano tutte le persone alla stessa maniera, senza alcuna differenza.
Per il suo caratteraccio e l'imprevedibilità, la mula era spesso paragonata alla donna: nel Piacentino era comune il detto An gh'è müi seinsa vissi n'gh'è donn seinsa malissi (Non ci sono muli senza vizi, non ci sono donne senza malizie).
Per essere giusti, bisogna ricordare che il mulo ha anche molti pregi. Infaticabile sul lavoro, unisce la forza del cavallo alla sobrietà e resistenza dell'asino.
Generalmente era utilizzato per il trasporto di legna, sabbia e sassi, in luoghi di difficile accesso, come boschi e terreni impervi, o addirittura nelle miniere, come ricorda Vittorio Tonelli nel suo "Uomini e bestie in Romagna". Era il tipico animale di birocciai e vetturali, che spesso, per renderlo mench scapestri(7) (meno scapestrato) preferivano castrarlo, considerato che, tanto, u n' fa raza(7) (non fa razza), cioè non può riprodursi, essendo un ibrido sterile.
La mula era anche la compagna abituale dei medici condotti, che spesso erano costretti a raggiungere luoghi impervi e con qualsiasi tempo.
In Romagna la mula viene ricordata in una divertente "dirindina": Cirirumbella l'eva un brich, l'era mort e u steva drit, u i pussava la coradella ... Viva la mula e la Cirirumbella! (Cirirumbella aveva un asino, era morto e stava dritto, gli puzzava la coratella ... Viva la mula e la Cirirumbella!)
(http://www.regione.emilia-romagna.it/agricoltura/pubblicazioni/bestiario/mulo.htm#aree)

Autore : martina

Data inserimento foto : 28-08-2006 alle ore 16:17:12

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